Intervista con Mirella Granelli

Gestire i conflitti, guidare organizzazioni, gruppi, famiglie verso i lidi sicuri di una comunicazione sana, senza fraintendimenti e bias. Più che una professione appassionante, quasi una “missione” quella di Mirella Granelli, formatrice e consulente. Due le parole chiave: formazione e trasformazione. Una lunga esperienza nella gestione del cambiamento e nello sviluppo di gruppi intergenerazionali, l’ha portata a collaborare con organizzazioni del settore corporate, pubblico e privato sociale.

In un mondo sempre più polarizzato, quale sarebbe il tuo principale consiglio per chi vuole “trasformare” i conflitti o mediare?  (Domanda della fondatrice Marie Madeleine Gianni)

Chiedersi se si vuole fare la fatica di non avere il consenso altrui, di dovere avere successo subito e di dover guadagnare tanto. L’alleanza tra adulti, uno dei miei core business, è fatica!!

Che cosa ti piace del tuo lavoro? (Francesca, 9 anni, partecipante al progetto IREN “Anche noi Reporter!”)

La possibilità di aiutare, la possibilità che si possa cambiare il proprio punto di vista, senza perdere la propria identità, credo e carattere. La sfida verso, spesso, l’impossibile. Non sempre si riesce. Quando capita, è bellissimo condividere il cambiamento – faticoso – verso la trasformazione delle relazioni e degli apprendimenti reciproci.

Hai paura di qualcosa? (Elisa, 8 anni, partecipante al progetto IREN “Anche noi Reporter!”)

Ho paura della diffamazione. Il potere vendicativo di chi dice il falso usandolo platealmente e non per incastrare l’altro. Temo la capacità di creare alleanze e manipolare i consensi basandosi sulla propria, singola verità.

Come esprimi la tua immaginazione, la tua creatività? (Domanda estratta da “L’Età di mezzo” progetto Pilota Reggio Emilia)

Io non programmo nulla. Lavoro “just in time” in aula o nel contesto organizzativo o nell’evento che viene organizzato. In base alle persone che mi trovo davanti, seguo direttamente ciò che mi si presenta ed attivo stimolazioni e provocazioni per dare spazio a reattività e apprendimento. Uso metodologie maieutiche che innescano il kow how sommerso nel contesto di aule sulle soft skills e team working. Lavoro su di me per non aver bisogno di conferme, gestendo con autorevolezza l’aula e il contradditorio che volutamente attivo. Negli speech pubblici vado a braccio. Mai usate slides in vita mia. Nella gestione di conflitti o passaggi generazionali, invece, la preparazione è lunga e richiede incontri di importante analisi e condivisione per cogliere quali siano davvero le criticità sommerse.

Puoi essere sostituita dall’intelligenza artificiale? (Sofia, 12 anni, Progetto 1, 2, 3, Storia!©” | Libricino dei mestieri 2025)

Non credo. La relazione e la comunicazione, scritta, parlata, digitale, social è intrisa di contraddizioni e fraintendimenti, soprattutto in assenza di relazione fisica. Nel conflitto parlato o silente, l’AI c’entra ben poco; per affrontarlo ci vogliono pazienza, fatica, volontà e relazione reale. La possibilità di comprendere i diversi percepiti soggettivi rispetto al feedback della controparte. Si può sempre sfuggire alla responsabilità della gestione e trasformazione del conflitto. Ma l’AI non c’entra nulla. Questo nei conflitti interpersonali che gestisco io a livello professionale. Direi assolutamente la stessa cosa riguardo ai conflitti intergenerazionali di cui mi occupo prevalentemente ora, parallelamente ai passaggi generazionali. 

Cosa hai studiato per il tuo lavoro? (Aya, 11 anni, Progetto 1, 2, 3, Storia!©” | Libricino dei mestieri 2025)

La mia vita è un intreccio tra studi e lavori in ogni tipo di organizzazione. Dalla laurea in filosofia in Statale a Milano alla specializzazione conseguente in psicanalisi dell’adolescenza alla prima tesi sperimentale presentata in provincia di Bergamo sulla prevenzione del disagio adolescenziale (1995). Ho lavorato full time come responsabile di una comunità con 30 adolescenti femmine e come dirigente dell’area minori in un territorio difficile come quello della Val Brembana, in provincia di Bergamo (contemporaneamente alla partecipazione di altri progetti minori). Ho scelto poi di fare corsi per formazione adulti nel terzo settore. Ho fatto formazione per molte imprese sociali e scuole, associazioni. Ho lavorato un po’ in Università, a Scienze dell’Educazione e Comunicazione, poi sono entrata nel mondo corporate con un Master in Gestione delle Risorse Umane. Sono ripartita da zero, iniziando a collaborare con grandi aziende. Da lì ho proceduto facendo tanti corsi per mediazione civile e gestione dei conflitti nei gruppi di lavoro. Sono co-founder del primo Festival Nazionale dell’adolescenza 2025 e creatrice di due nuove rubriche: Donne Pioniere e ZYPionieri. 

Cosa pensi di BET SHE CAN?

Ritengo l’impegno e il messaggio di BET SHE CAN sia molto importante e assai contemporaneo, per oggi e per il futuro. Sostenere l’empowerment femminile sin dalla preadolescenza è un dovere educativo divenuto imprescindibile e che abbraccio professionalmente da tempo. È fondamentale poiché le ragazze non sempre dispongono di tutti gli strumenti, sia per comprendere e indirizzare meglio i loro talenti e le loro potenzialità, sia per farli emergere aumentando la fiducia in loro stesse.
Quindi, Complimenti a BET SHE CAN!!