Intervista con Barbara Cominelli

Barbara Cominelli è sempre stata un’antesignana, facendo la differenza in tematiche diventate negli anni fondamentali: tecnologia e sostenibilità. Negli ultimi 4 anni e mezzo è stata CEO di JLL (Jones Lang Lasalle S.P.A.), azienda leader nel settore immobiliare, guidando con competenza e sapienza il mercato italiano in un momento in cui la tecnologia, l’innovazione e la sostenibilità sono diventati elementi chiave nel disegnare il futuro del real estate.Presidente dell’Urban Land Institute (ULI), insignita di innumerevoli riconoscimenti (fra i quali citiamo “Top 50 most inspirational women in tech in EU”, “CEMS alumna of the year”, “Forbes CEO of the year 2021”), è stata direttrice generale di Microsoft Italia, membro del Global Senior Leadership Team di Vodafone Group e Direttrice Digital, Commercial Operations e Wholesale di Vodafone Italia alla guida di un team di 3000 persone. Mamma e tifosa dell’Inter, è appassionata di cinema e letteratura.

Qual è il tuo talento, quello che fa la differenza nella gestione del Day by Day in JLL Italia – EMEA? (Domanda della fondatrice Marie Madeleine Gianni)

Sono molto focalizzata sulla crescita della squadra, per permettere alle persone di esprimere il proprio massimo potenziale e all’organizzazione di evolvere. Diceva Jack Welch che prima di essere un leader il successo è far crescere te stesso; quando sei un leader, il successo è far crescere gli altri, far crescere la squadra: è uno dei principi di management che prediligo. L’allenatore conta, ma è la squadra migliore che vince. Per questo cerco sempre di pormi come coach, lasciare spazio alle persone per sperimentare e imparare, e creare un team che permetta all’impresa di stare sempre un passo avanti e costruire un vantaggio sostenibile e duraturo nel tempo. Un altro aspetto che mi caratterizza è il senso di ownership: “pensa e agisci come se l’azienda fosse tua” è un mio mantra. Cerco di trasmettere ogni giorno al mio team proprio questa idea. Quando ognuno interiorizza la big picture e si sente parte di un progetto di miglioramento collettivo, si genera una cultura in cui tutti danno il meglio. E poi ascolto e imparo molto dagli altri. In riunione con i miei team cerco di parlare per ultima, per lasciare spazio alle idee degli altri. Se parlassi per prima potrei inibire i contributi delle altre persone. Questo permette di costruire un ambiente di fiducia e collaborazione, dove si prendono decisioni più solide e condivise.

Che cosa ti piace del tuo lavoro? (Francesca, 9 anni, partecipante al progetto IREN “Anche noi Reporter!”)

Mi piace vedere un’idea diventare realtà e sapere che quello che faccio può avere un impatto positivo sulle persone, sulle organizzazioni e sulla società in senso lato. Amo la tecnologia e l’innovazione proprio perché rendono la vita più semplice, risolvono problemi concreti e trasformano il modo in cui viviamo e lavoriamo. Non è qualcosa di freddo o astratto, anzi: è innovazione al servizio del miglioramento. E mi entusiasma lavorare con il mio team per costruire insieme soluzioni nuove, che funzionano davvero.
Da manager, inoltre, quello che mi appassiona e mi fa alzare ogni mattina entusiasta di fare quello che faccio non è tanto il mio successo, ma il successo degli altri e tramite gli altri. La responsabilità di avere un impatto positivo sull’azienda, sulle persone e sulla società è ciò che mi motiva in modo profondo.

Hai paura di qualcosa? (Elisa, 8 anni, partecipante al progetto IREN “Anche noi Reporter!”)

Sì, certo. Spesso ho paura di non essere pronta o di non riuscire in qualcosa. Ma ho imparato a non lasciarmi bloccare. Non bisogna aspettare di sentirsi perfetti per provarci. A volte noi donne tendiamo a essere perfezioniste e aspettiamo di essere pronte al 100%. Ma spesso è proprio buttandosi che si impara di più.
Una delle cose che dico spesso alle mie mentee e ai giovani del mio team è proprio di non aspettare di essere pronti al 100% per lanciarsi in una nuova avventura, progetto o sfida: l’80% va benissimo! Gli errori fanno parte del percorso e vanno accolti, non evitati. La cosa importante è continuare a imparare, con curiosità e fiducia.

Che miglioramenti hai generato con il tuo lavoro? (Alice, 10 anni, partecipante al progetto IREN “Anche noi Reporter!”)

Nel mio lavoro cerco sempre di generare un impatto concreto. Mi piace sapere di aver lasciato un’impronta, una legacy. Mi chiedo sempre: cosa è cambiato in questa azienda e in questa organizzazione prima e dopo di me? Cosa ho lasciato di duraturo che contribuirà al successo anche quando io non ci sarò più?
Si tratta di risultati di business, ma non solo. In Vodafone, Microsoft e JLL il business è cresciuto in maniera molto significativa durante il mio mandato, e si è trasformato in meglio grazie al digitale e alla sostenibilità. Ma soprattutto credo di aver lasciato delle squadre più forti, pronte per continuare a crescere, organizzazioni orientate all’innovazione e al miglioramento continuo, e una cultura aziendale più inclusiva.

Se avessi la bacchetta magica e potessi trasformare qualcosa di te, cosa sarebbe? (Domanda estratta da “L’Età di mezzo” progetto Pilota Reggio Emilia)

Sono sempre stata molto esigente con me stessa, sempre focalizzata sulla prossima sfida e sul prossimo obiettivo. Se avessi una bacchetta magica, forse mi regalerei la capacità di godermi di più il momento.

Ti è mai capitato che qualcuno ti dicesse che non potevi fare qualcosa? Perché? (Domanda estratta dal libro-progetto “Volo con te”)

Sì, mi è capitato, soprattutto quando ero giovane, in contesti molto maschili. Ai miei tempi, a volte bastava il fatto di essere giovane o donna per essere sottovalutata. Ma ho sempre pensato che fosse meglio dimostrare con i fatti. Ho imparato ad adattare lo stile, a essere assertiva ma anche empatica, e soprattutto a non farmi frenare dai giudizi. Ogni “non puoi farlo” è diventato una motivazione in più per riuscirci. E oggi cerco di trasmettere questo messaggio anche alle ragazze: ce la potete fare, in ogni campo.

Cosa pensi di BET SHE CAN?

Penso che BET SHE CAN sia un progetto bellissimo, perché aiuta le ragazze a credere nelle proprie capacità, a immaginarsi libere dagli stereotipi e a scoprire le proprie passioni. Quando sei piccola, avere accanto qualcuno che ti ispira e ti fa vedere quello che puoi essere può cambiare tutto.
Per questo serve mostrare role model femminili, creare occasioni e far sentire che ogni sogno è possibile. Le donne più senior, come me, devono impegnarsi non solo come role model, ma anche attivamente per “far scendere l’ascensore” e portare su più donne. BET SHE CAN fa proprio questo: semina fiducia, propone esempi reali e dà strumenti concreti per crescere.