Intervista con Stefania Mancini

Volitiva, tenace, solare, appassionata di quelle discipline STEM che l’hanno portata a frequentare a Roma il primo istituto sperimentale di informatica. Stefania Mancini è una pioniera. Dopo la scuola superiore si è immersa nel mondo delle software house, facendo tutti i passaggi per comprenderne le potenzialità e le evoluzioni: programmatrice, analista, project manager, area manager, direttrice di filiale. Ha trent’anni quando, con suo marito, fonda la prima di una serie di società tutte concentrate sulla creazione di soluzioni tecnologiche e innovative, poi vendute con successo a varie multinazionali. A febbraio 2019 ha ottenuto il riconoscimento InspiringFifty Italy come una delle 50 donne più influenti nel mondo del Tech in Italia ed è in prima linea per l’inclusione femminile nel mondo del lavoro. La Parità di Genere per lei non è un concetto astratto, ma una missione da portare avanti con impegno e convinzione.

Sei fiera del tuo lavoro? (Jasmin, 10 anni, partecipante al progetto “Anche noi Reporter!”)

Ho origini umbre e sono orgogliosa di essere cresciuta nel solco di una solida cultura contadina, dove ogni cosa ha le sue regole precise e ognuno conosce bene i propri doveri. Ho imparato così, direi per osmosi, fin da piccola, il rispetto per il lavoro e ho capito che qualsiasi “mestiere” ha una sua etica e una sua dignità. Questo solo per dire che davvero ognuno di noi dovrebbe essere sempre fiero del proprio lavoro. In particolare, io mi ritengo molto molto fortunata, perché prima quando facevo impresa, realizzavo soluzioni per rendere più semplice l’accesso alle cure da parte degli assistiti: progetti importanti, quindi, sia da un punto di vista sanitario, ma anche sociale. Oggi che mi occupo a tempo pieno della Parità di Genere e mi piace pensare che il mio impegno possa servire a tutte le donne, alle mie figlie, alle mie nipoti.

Se avessi la bacchetta magica e potessi trasformare qualcosa di te, cosa sarebbe? (Domanda estratta da “L’Età di mezzo” progetto Pilota Reggio Emilia)

Domanda difficile davvero! Mi verrebbe da dire che non cambierei nulla. Da un punto di vista personale sono moglie, madre e nonna felice. Da un punto di vista professionale ho avuto davvero tanto, così tanto che oggi sono nella famosa fase del giving-back, periodo che – sono convintissima – tutti dovrebbero provare a fare. Se avessi la bacchetta magica più che trasformare qualcosa di me, mi piacerebbe trasformare questo mondo in cui viviamo: risolvere il cambiamento climatico che tanto mi preoccupa; riportare la pace nelle troppe zone di guerra del mondo; aiutare i fragili che, nonostante il progresso, sono ancora tantissimi: migranti, rifugiati, donne oppresse e discriminate, bambini abusati, anziani emarginati.

C’è qualcosa che gli altri non sanno di te? (Domanda estratta da “L’Età di mezzo” progetto Pilota Reggio Emilia)

Questa è una domanda intrigante che mi permette di raccontare qualcosa che sanno davvero in pochissimi. Mi piace moltissimo scrivere, anche leggere ovviamente, ma l’esercizio di scrittura è un’attitudine che mi appartiene e che mi ha portato, nel tempo, ad iscrivermi all’Università a metà dei miei 50 anni per conseguire proprio la laurea in lettere. Ma la vera rivelazione è aver preso parte a un concorso letterario e aver vinto un premio con un racconto inedito! Mi piace pensare che l’unione tra la mia formazione tecnologica e quella umanistica abbia ampliato il mio sguardo sul mondo, facendomi sentire oggi più completa e consapevole.

 

Ti capita mai di avere dubbi? (Anna, 11 anni, dal Progetto 1, 2, 3, Storia!©” | Libricino dei mestieri 2025)

Dubbi? Sempre! La vita di chi fa impresa è costellata di dubbi…. Avrò risposto bene a quel bando di gara? Avrò fatto bene ad assumere quel candidato per quella posizione? Avrò scelto bene il territorio per la nuova filiale? E così via. L’importante è non vivere nell’angoscia e non fasciarsi la testa prima del tempo. Tanto qualche errore si farà sempre, è inevitabile. L’importante è riconoscere quell’errore, farne tesoro, ma proseguire per la propria strada.

 

Se potessi tornare indietro, sceglieresti ancora questo lavoro? (Francesca, 12 anni, dal Progetto 1, 2, 3, Storia!©” | Libricino dei mestieri 2025)

Sì, sì, sì. 3 volte sì per dire che sceglierei ancora questo percorso di studi tecnologici e questo fare impresa che ha caratterizzato la mia vita lavorativa. La passione per lo studio mi ha contraddistinto fin da piccola e la mia curiosità mi ha portato a scegliere la prima scuola superiore sperimentale di informatica a Roma. Non avendo in sede i docenti per tale materia, raggiungevamo in pullman il Centro Elaborazione Dati dell’IBM che ci metteva a disposizione i suoi tecnici per le lezioni. Ho avuto così una preparazione di altissimo livello e al termine degli studi, ancor prima degli esami di stato, avevo già in tasca la lettera di assunzione di una delle tante softwarehouse nate in quei tempi d’oro. Ho quindi iniziato subito a lavorare. Era il 1981 e avevo vent’anni. Ho percorso tutta la gavetta: programmatrice, analista, responsabile di team, capoprogetto, responsabile di area e responsabile di filiale. Lavorando e imparando, trascorrono 10 anni che hanno visto il mio matrimonio e la nascita di 2 figlie. Poi, il “grande salto”: inizia una splendida avventura che ha portato alla costituzione di 3 imprese e che, da un punto di vista aziendale, è terminata a dicembre 2023. Tantissimo lavoro, tantissimo impegno, ma anche grandi soddisfazioni per importanti risultati. Ma anche 3 volte sì all’attuale impegno come attivista per la Parità di Genere. Un tema importante che vede l’Italia in affanno. Poche donne nel mondo del lavoro e pochissime donne nei ruoli apicali. Tanto da fare, quindi, per la società civile insieme alle Istituzioni e al Governo. Come portavoce del network Inclusione Donna, una rete di oltre 80 associazioni e community, collaboro con il Dipartimento Pari Opportunità, il Ministero del Lavoro, Open Government e Women7. Il nostro obiettivo è emendare leggi o proporne di nuove che abbiano come finalità il supporto all’occupazione e alla rappresentanza femminile.

 

Che cosa possiamo fare per avere più donne nelle professioni STEM in Italia? (Domanda della fondatrice di BET SHE CAN, Marie-Madeleine Gianni)

La risposta è una sola: lavorare con le bambine, insieme alle bambine, fin da piccolissime. Gli stereotipi sulle loro capacità rispetto ai maschietti sono ancora profondamente radicati all’interno delle famiglie e, spesso, vengono riconfermati nei primissimi anni di scuola perché anche gli insegnanti, purtroppo, tendono a riproporre gli stessi luoghi comuni. Importantissimo, quindi, lavorare su due fronti:
– Formare i formatori con indispensabili percorsi di aggiornamento
– Formare le bambine o, almeno, metterle in condizione di capire e di scegliere
Tra l’altro dovrebbe essere proprio il Ministero dell’Istruzione a rendere obbligatori questi percorsi, in considerazione della notevolissima carenza di figure tecnologiche nel mercato del lavoro e, di contro, della continua crescita di progettualità nel settore ICT dovuta anche al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Cosa pensi di BET SHE CAN?

Le organizzazioni come BET SHE CAN sono quelle che mi riconciliano con il mondo. Capire cosa è necessario fare, realizzarlo con impegno e dedizione, ottenere un risultato misurabile e tangibile: questo è davvero quello che conta. Basta vedere i numeri del sito web: 68 percorsi, 15.100 partecipanti, 30.650 persone coinvolte. Un grande lavoro che mi piacerebbe davvero supportare per poter generare un impatto su una scala ancora più ampia. Eccomi, dunque, mi rendo disponibile sin d’ora con le mie competenze e con il mio network.